I libri di storia raccontano che gli antenati di questa razza giunsero sul continente americano assieme agli Spagnoli, all’epoca di Cristoforo Colombo. Durante i conflitti con le popolazioni autoctone e la guerra di Secessione, il bestiame da allevamento si disperse nelle praterie, abbandonato dai proprietari o messo in fuga dai proiettili, e tornò così allo stato brado. La sopravvivenza in un ambiente ostile ma anche la caccia da parte dei predatori (non da ultimo l’uomo), ne consolidarono gli istinti e orientarono l’evoluzione verso zampe più lunghe, zoccoli più duri e corna del tutto ragguardevoli. Divennero così particolarmente selvatici, più difficili da cacciare dei bisonti e dei cervi, persino per il lupo.
I colori e i motivi del mantello variano più che in qualsiasi altra razza; ogni vitello è una sorpresa e spesso la colorazione diventa più scura con l’età.
Fino al termine della guerra di Secessione (1865), questi bovini vagavano a gruppi nelle pianure del Texas: con circa quattro milioni di capi, erano numerosi come i fili d’erba, e un animale valeva solo quattro dollari. Ma poiché al Nord la carne di manzo costava anche dieci volte di più, ebbe inizio, inevitabilmente, l’era dei grandi allevamenti. Il bestiame veniva condotto dal Texas verso il Kansas in enormi mandrie. E non solo sopravviveva senza problemi alla lunga marcia, ma addirittura metteva su peso. Di che offrire al Texas un boom economico.
All’inizio del XX secolo, la carne magra non fu più richiesta. L’industria in espansione aveva bisogno di grasso animale, quindi di sego. La Texas Longhorn fu fortemente incrociata con altre razze e rischiò l’estinzione. Ma nel 1927 fu posta sotto tutela e si riuscì a preservate sette linee di sangue. Negli Stati Uniti, la registrazione dei capi di Texas Longhorn iniziò nel 1964. È così che oggi ogni capo registrato può essere ricondotto a una di quelle sette linee di sangue, anche quelli che nel frattempo hanno un passaporto svizzero!
La mancanza di tessuti grassi, che un tempo era il punto debole della Longhorn, oggi è tornata a essere una caratteristica molto ricercata. I nutrizionisti e i consumatori attenti a un’alimentazione sana apprezzano particolarmente questa carne a basso contenuto di colesterolo. È così saporita che non ha quasi bisogno di alcun condimento.
Oltre a un dorso dritto e a zoccoli sani, la selezione mira a mantelli dalle sfumature bizzarre e a corna sempre più imponenti. Queste sono misurate in linea retta «tip-to-tip» (da punta a punta). Nel 1960 una distanza di 75 centimetri era la regola, mentre 100 centimetri erano eccezionali. Oggi la media è 130 centimetri, ma l’obiettivo è 180 centimetri o più. Il toro Poncho Via della contea di Clay, in Alabama, detiene il record mondiale con ben 323 centimetri. Come diligenti poliziotti, questi bovini utilizzano le loro armi con grande prudenza. Sanno esattamente dove finiscono le punte e forse è proprio questa consapevolezza a renderli così calmi e pacifici. Naturalmente, vi sono situazioni in cui le corna tornano buone, ad esempio nelle lotte gerarchiche all’interno della mandria oppure per difendere un vitello. Ma una Texas Longhorn non è più pericolosa di qualsiasi altra madre con le corna, anzi.
Il toro da riproduzione Choose a Coke, 4 anni, inalbera da punta a punta la ragguardevole distanza di 150 centimetri.
Testo e fotografie: Susanne Sommer, www.texaslonghorn.love
Informazioni supplementari: vaccamadre.ch, www.stla.ch